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QUELLI DI GROCK Story
Il libro è realizzato con le foto scattate nel periodo della mia collaborazione con la compagnia milanese “Quelli di Grock” che è iniziata nel 1992 ed è tuttora in corso.
La compagnia è stata fondata negli anni 70 e il libro racconta una parte della loro storia attraverso le mie foto dei loro spettacoli più importanti.
Inizia da Caos, lo spettacolo forse più conosciuto anche a livello internazionale, per finire con lo stesso spettacolo, ribattezzato Caos Remix, affidato alla nuova generazione di attori, usciti dalla loro scuola, che è parte integrante dell’attività della compagnia. 
L’introduzione critica fotografica è scritta da Roberto Mutti (Repubblica), seguono gli scritti di Antonio Calbi (Direzione Cultura Comune di Milano) e Magda Poli (Critico teatrale Corriere della Sera) 

Caratteristiche

Formato 22x28 cm, 158 pagine, 115 foto col/bn 

Prezzo 25 € - ISBN 9788896059241 

  
L’introduzione di Roberto Mutti 
OBIETTIVO SPETTACOLO Guardando questa importante e complessa ricerca che Roberto Rognoni ha realizzato lavorando per anni con Quelli di Grock, si ha l’immediata conferma del fatto che un fotografo teatrale deve possedere non solo le doti che tutti immaginano (colpo d’occhio, intuizione, rapidità di esecuzione) ma anche quelle capacità che ne fanno di volta in volta un originale ricercatore, bravo ritrattista e un attento reporter. D’altra parte come non potrebbe essere eclettico un fotografo che si confronta costantemente con un mondo come quello del teatro dove la versatilità più che una caratteristica richiesta è un aspetto della sua stessa anima? Roberto Rognoni ha il pregio di non ripetersi mai alternando scene posate ad altre in cui il movimento diviene protagonista, primi piani ben definiti e controluce spettacolari, riprese concentrate su un solo protagonista o su gruppi di cui coglie il sottile e quasi impercettibile legame interno. Forse se si osservassero le fotografie singole e non inserite nell’attenta sequenza qui proposta sfuggirebbero le attenzioni che l’autore riserva ai particolari (la postura delle braccia, la tensione dei corpi, le espressione dei volti) ma gli accostamenti consentono di cogliere come siano proprio questi aspetti a conferire completezza e forza all’insieme. Il fatto di non essere un collaboratore ma un vero e proprio membro del gruppo che conosce benissimo (ed è giusto sottolineare l’eccezionalità di una collaborazione così duratura e profonda) consente al fotografo di muoversi con grande disinvoltura preferendo la semplicità e l’immediatezza alla ricerca degli effetti eccessivamente spettacolari cui comunque non rinuncia – è il caso della splendida immagine dominata da schizzi d’acqua che sembrano un’esplosione di luci – quando questi sono funzionali allo spettacolo. Nelle sue immagini sempre molto misurate, Rognoni suggerisce l’ironia, trasmette la comicità, asseconda le esasperazioni delle scenografie, sottolinea di volta in volta l’essenzialità dei costumi o la loro enfasi e in questo modo risponde al quesito che sorge spontaneo, in che misura cioè il fotografo di scena sia strettamente legato allo spettacolo che riprende. E’ proprio nella capacità di aderire allo spirito che anima la compagnia e ne caratterizza la produzione che sta l’abilità del fotografo che non per questo abdica al suo stile che qui si riconosce nell’uso attento del colore e nella cura di composizioni sempre molto equilibrate anche quando è una diagonale ad attraversare la scena. Ci sono molti modi di guardare – ma bisognerebbe meglio dire studiare – questo libro, ma fermiamoci a quello più immediato perché suggerito dalla sequenza cronologica. Si parte dal 1994 con “Caos” e si arriva al 2012 con “Caos Remix” così, seguendo questo ideale percorso circolare, si è portati a cercare cambiamenti, evoluzioni stilistiche, mutazioni visive che pure – se solo si pensa alla rivoluzione indotta dalla fotografia digitale – ci devono essere state. Eppure non sono queste ad emergere ma, al contrario, una grande coerenza estetica e una immutata capacità di cogliere il senso dello spettacolo. Semmai, dato l’ampio arco di tempo che questo lavoro comprende c’è da chiedersi se e in che misura a cambiare è stato il fotografo o il teatro. Ed è bello che a questa domanda non ci sia una risposta certa.

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