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FOTOGRAFARE IL PAESAGGIO
(da: Rognoni Roberto, Fotografare il paesaggio, in Tutti fotografi, Luglio-Agosto 2001. Versione PDF)

Il paesaggio è uno dei temi preferiti dai fotoamatori, perché offre molte occasioni di realizzare immagini suggestive senza eccessivo impegno da parte del fotografo, che dovrà solo cercare di essere nel punto giusto al momento giusto avendo anche la possibilità, in genere, di ritornare sul soggetto preferito alla ricerca del risultato desiderato.
La facilità del soggetto può comunque creare delle difficoltà al fotografo “impegnato” che cerca dei valori espressivi e dei significati originali da attribuire alle proprie fotografie.

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Valori espressivi e significati

Fotografare un soggetto statico in un ambiente naturale, come il paesaggio, significa scegliere il punto di vista, l’inquadratura, la prospettiva, l’illuminazione e gli elementi da includere nel campo visivo.
Tutto ciò comporta uno studio attento della scena da riprendere, che esclude l’improvvisazione e la superficialità.
Ecco perché la maggior parte delle foto scattate durante viaggi organizzati, in località dove i soggetti sono anche interessanti, difficilmente danno risultati soddisfacenti dal punto di vista espressivo.

Nella fotografia di paesaggio bisogna fare delle scelte, bisogna ridurre l’immagine alle cose essenziali, eliminare gli elementi inutili e lasciare solo quelli importanti per la caratterizzazione del paesaggio; cercando di cogliere non solo l’aspetto figurale del paesaggio, più o meno accattivante, ma la sua essenza. Così un paesaggio umbro non può confondersi con uno toscano, ed il mare del Nord non può confondersi con il Mediterraneo.
Bisogna anche ricordare che l’aspetto di un paesaggio muta con il variare della luce, delle condizioni atmosferiche, oltre che per il punto di ripresa e quindi può assumere significati diversi in funzione delle situazioni e delle scelte del fotografo.
Ogni immagine, che non sia di semplice documentazione, restituisce la visione soggettiva dell’autore che pure deriva dalla situazione oggettiva che il fotografo trova al momento dello scatto. Il fotografo “impegnato” può, infatti, variamente interpretare gli aspetti reali con la propria visione personale, trasferendo nell’immagine finale, non soltanto la materialità delle cose, ma anche le sensazioni, le emozioni provate di fronte al soggetto, cercando di trasmettere un messaggio personale all’osservatore della foto.

Intendere la fotografia di paesaggio come mezzo per fare opere a prevalente contenuto estetico e grafico, significa non conoscere la storia, che ci ha insegnato che la fotografia non è pittura, anche se l’espressione “quella fotografia sembra un quadro” è usata ancora nell’uso “popolare” per apprezzare impropriamente una fotografia.
Un buon fotografo dovrebbe sempre chiedersi cosa si può fare, con una fotocamera, di diverso da qualsiasi altro mezzo di espressione artistica. L’immagine fotografica, per avere una validità espressiva, deve comunicare attraverso i meccanismi propri del linguaggio fotografico, evidenziando in modo efficace, dal punto di vista fotografico, gli aspetti significativi del soggetto.
I grandi fotografi si ricordano non soltanto per la raffinatezza tecnica delle loro immagini, ma soprattutto per le sensazioni e le emozioni che ci hanno suscitato.

Nella fotografia di paesaggio occorre trovare un giusto compromesso fra resa tecnica, forma compositiva e contenuto, in modo che il risultato finale sia coerente con quello che l’autore vuole esprimere. La tecnica non può essere fine a se stessa, ma costituisce il mezzo con il quale valorizzare o esaltare i contenuti espressivi dell’immagine.
Un buon fotografo deve riuscire a farci partecipi dell’idea che ha ispirato la sua opera.
Ricordo anche che ogni paesaggio presenta sue peculiari caratteristiche che vanno evidenziate attraverso scelte operative e tecniche fatte in fase di ripresa; errori di impostazione fatte in fase di ripresa difficilmente possono essere recuperati in fase di presentazione finale, anche se l’elaborazione digitale oggi consente interventi inimmaginabili ai tempi dei grandi maestri del passato.

Ognuno di noi ha una personale visione del mondo che lo circonda, che trasmette agli altri nei modi e con i mezzi che gli sono congeniali. Ma se uno intende usare il linguaggio fotografico, quale mezzo più efficace per rappresentare i vari aspetti del paesaggio e della natura, il pericolo da evitare, come già detto, è quello di ridurre l’immagine ad uno sterile artificio grafico, ad un semplice gioco geometrico di linee, forme, colori o volumi. Pur attraverso la rappresentazione grafica di un paesaggio, questo deve sempre conservare i suoi caratteri essenziali e i suoi elementi connotativi.
Occorre che il fotografo sia dotato di grande sensibilità e sentimento poetico di fronte alle varie manifestazioni della natura, per poterle rappresentare e interpretare con semplicità, ma con grande forza evocativa, senza lasciarsi suggestionare dalla piacevolezza estetica o da momentanee sensazioni visive.

Il gusto estetico e la sensibilità del fotografo, unitamente alle caratteristiche del soggetto, possono consentire molte varianti alle regole compositive tradizionali. Bisogna perciò distinguere fra forma “compositiva” e forma “espressiva”. Quest’ultima è già implicita nel soggetto stesso e va individuata ed evidenziata dal fotografo, in quanto è quella che dà il significato all’immagine.
Certe immagini molto belle dal punto di vista estetico, ad una più attenta lettura risultano superficiali e di scarso interesse in quanto non hanno il supporto di un’idea e non ci fanno capire le intenzioni di chi le ha fatte. E’ chiaro che anche l’osservatore dovrà fare attenzione ad esprimere giudizi affrettati cercando di fare ogni sforzo per trovare un significato all’immagine che gli sta davanti, cercando di porsi anche dalla parte del fotografo possibilmente analizzando più di una foto dello stesso autore sullo stesso soggetto, alla ricerca del significato della comunicazione, della qualità e dell’insieme delle informazioni contenute nell’immagine.

Il fotografo può anche dare un’interpretazione in senso grafico al paesaggio, esaltando certi aspetti o riducendone altri, giocando su vari aspetti tecnici per re-inventare una certa atmosfera.
Tutto questo deve però avvenire senza ridurre il paesaggio ad un’entità astratta, rendendolo falso o non riconoscibile nei suoi caratteri essenziali.
A questo proposito mi sembra utile portare l’esempio dei paesaggi marchigiani del grande Mario Giacomelli, recentemente scomparso. In queste stupende immagini, pur esasperando gli aspetti grafici, Giacomelli è riuscito ad evidenziare le caratteristiche essenziali della sua terra, accentuando il disegno dei campi e gli effetti abbaglianti del sole estivo sulle bianche zolle.
Questa libertà d’interpretazione non va intesa come un errore linguistico, poiché le sue immagini comprendono, evidenziandoli con forza espressiva, gli elementi tipici del paesaggio agricolo marchigiano: la luce accecante, le stoppie bruciate, il disegno dei campi.

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