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TEATRO & IMMAGINE

Ricerca fotografica di ROBERTO ROGNONI
Curata da ELEONORA MARINO

Il Catalogo (1994)
A cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di San Donato
e dell’ENI Polo Sociale di Gruppo
Progetto Grafico: Gieffe Edizioni
Stampa:Arti Grafiche San Giuliano
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L’immagine teatrale come elemento di narrazione

(di Eleonora Marino, dall'introduzione al catalogo della mostra)

Immagini secche, ferme, mai documentarie, scolpite da un bianco e nero fortemente contrastato. Le fotografie di Roberto Rognoni, di rara intensità visiva, colgono i momenti più significativi di spettacoli rappresentati tra il 1977 e il 1988, istintivamente scelti per il forte impatto visivo.

Infatti, senza sottrarre nulla alla specificità del linguaggio dei singoli gruppi, è possibile individuare una comune disponibilità a sconfinare in altri ambiti come le arti visive, la musica, la nuova danza.
Nella selezione delle immagini si è privilegiato questo aspetto che nasce da una visione più totalizzante dell'arte e pone l'accento sul valore visivo dello spettacolo.

Già il decennio precedente aveva assolto la funzione di innovamento e rottura per quanto riguarda la concezione dell'arte. Basti pensare all'arte concettuale, alla body-art, al comportamentismo che si ispira a Duchamp, agli happening di Beuys e performance di artisti che cercavano confronto con altri linguaggi tra cui il teatro. Nascono così nuove e svariate collaborazioni come nel caso di Meredith Monk, tesa alla ricerca di un teatro totale in cui movimento, testo, musica e film trovano la loro sintesi. E' la stessa Monk a raccontare: "Oldemburg e Dine e altri pittori avevano fatto degli happening e ne fui molto influenzata: pittori che stavano facendo un teatro visivo e la cui forma non era teatrale. Era il valore dell'immagine a essere molto forte".
Contemporaneamente sulla scena si stava verificando lo stesso fenomeno di aggiornamento. E' il periodo del teatro-laboratorium di Grotowsky e di quello che lui battezzerà "teatro povero", del teatro come "creazione collettiva" e "scelta di vita" del Living Theatre fondato da Judith Malina e Julian Beck, della nascita del "terzo teatro" dell'Odin Teatret di Eugenio Barba, dell'ineguagliabile Tadeusz Kantor con la sua compagnia Cricot 2 generata dall'incontro di pittori, attori, poeti e musicisti. Kantor, che era anche pittore-disegnatore-scenografo, affermava: "noi non partiamo dal testo, ma uscendo dalla situazione artistica che abbiamo trovato andiamo in direzione del testo", che in questo modo non viene né illustrato, né spiegato".
Sono questi, o almeno in parte, i punti di riferimento cardinali per il teatro del decennio successivo. Un teatro di gruppo i cui componenti non sono mai solo attori, ma artisti operanti in più settori, un teatro che sente la necessità di teorizzare una propria poetica a volte in veri e propri manifesti. "Ci consideravamo come dei pittori che dovevano fare teatro come se dipingessimo dei quadri", ricorda Federico Tiezzi dei Magazzini.

Attraverso un sapiente utilizzo della luce di scena e dell'inquadratura, spesso frontale, Rognoni ha saputo recuperare il valore del gesto e della struttura compositiva, concentrando l'attenzione sull'azione corale per poi focalizzarsi su singoli corpi od oggetti, conferendo autonomia ed unicità ad ogni singola immagine.

Questo nuovo modo di “fare teatro” sarà sempre affiancato da un teatro "ufficiale" di matrice letteraria che nel decennio successivo ne subirà alcuni influssi, seppure lievi e svuotati totalmente dei loro intenti primari. D'altra parte "i depositari della ricerca" inizieranno in un secondo tempo a riscoprire la dimensione narrativa. Attraverso un sapiente utilizzo della luce di scena e dell' inquadratura, spesso frontale, Rognoni ha saputo recuperare il valore del gesto e della struttura cornpositiva, concentrando l'attenzione sull'azione corale per poi localizzarsi su singoli corpi od oggetti. Oggetti scenici che non hanno più solamente una funzione decorativa, ma un preciso rapporto con gli altri elementi diventando veri e propri personaggi con i quali gli attori si relazionano. Per Giorgio Barberio Corsetti i materiali e tutta la scena rappresentano "il proseguimento del movimento dell'attore". Secondo Tadeusz Kantor l'oggetto-simulacro "deve essere preso nella sua povertà, quasi nel mornento in cui viene gettato in pattumiera, quando mostra la sua anima" e i manichini che utilizza sono le "estensioni immateriaìi" o i "doppi" dei personaggi viventi.
Fotografare a teatro è tutt'altro che facile. Bisogna fare i conti con una luce spesso debole e quasi mai omogenea e con enormi difficoltà per poter scegliere il punto di ripresa. Problemi a cui Rognoni ha fatto fronte con profonda cognizione tecnica e sensibilità visiva maturate in venticinque anni di attività.
La scelta del bianco e nero è rnotivata dalla convinzione che "l'uso del colore non possa aggiungere nulla al messaggio e all'interpretazione personale che un fotografo può dare attraverso il soggetto teatro". La trasposizione dal linguaggio teatrale a quello fotografico presuppone inevitabilrnente una rnodificazione del ritmo narrativo, un'interpretazione delle forme, la totale esclusione degli aspetti energetici e vocali e di tutti quelli non strettamente connessi all'immagine. Quindi come precisa Rognoni "la fotografia di teatro è l'immagine di un'immagine", "ma il messaggio convogliato nella fotografia può avere una sua originalità", rinunciando "ad ogni pretesa di documentazione" e cercando "invece di suggerire una visione autonoma dello spettacolo". E' proprio per questa loro autonomia ed unicità che le immagini accrescono il loro fascino.
Bisogna comunque ricordare che Rognoni si è servito di pregevoli soggetti come il Living Theatre, i Sankai juku, i Magazzini oppure eventi teatrali come "Double & Paradise" vero e proprio poema visivo, "Mori el Merma" spettacolo di rara dimensione figurativa realizzato dalla compagnia "La Claca" insieme all'artista joan Mirò. E potremmo citarne molti altri, spettacoli unici, come unico e irripetibile è il teatro di cui Roberto Rognoni è riuscito a fermare alcuni istanti.

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